Cromosomi
suoi dentro me, eppure distanze abissali volute dagli eventi, da lui e da me,
poi ad un certo punto/immagino. Cercare in quegli occhi e non riconoscere alcun
posto in cui sistemarsi e sentirsi solo naturalmente dentro al suo nucleo. La
stessa natura che ti fa padre e madre a prescindere, anche se padre e madre non
lo sei stato mai. La stessa natura che istintivamente ti fa figlia. Guardarlo
così com’è ora e commuoverti per tanta solitudine, vederlo più vecchio e più
sfatto arrancare ancora nel suo concettualizzare rumoroso. Penso al padre di un
eventuale figlio, che forse non avrò mai, e vibro fino al ventre. Mi interrogo su
questa vita e mi accendo ancora una sigaretta. Mentre fumo penso/penso a tutto
mischiandolo... è antitetica al concetto di relazione l’imposizione di vincoli
e limitazioni. Due persone stanno e basta, si scambiano per quello che sono e
in quello scambio si prende e si da, si cresce e si muta, si sceglie o ci si
ferma. Eventualmente. Fluendo come la cosa più normale che esista. La relazione
altra da noi eppure nostra ...poi arrivo a ragionare sull’essere donna, pronta
ad accettare ogni bambino troppo cresciuto. Che tanto quello che fanno non lo
fanno altro che per incapacità e spesso pigrizia, nulla di troppo personale/nulla
contro nessuno/spesso contro loro stessi. Superficiali come certi loro orgasmi e di azioni involontarie come certe loro erezioni. Spengo la sigaretta respiro lungo, io sono nata
donna.
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